giovedì 8 marzo 2012

Io sono figlio unico...

... pure di madre vedova/magari un po' nevrotica con me, cantava qualche anno fa Francesco Baccini. Quando frequentavo le elementari, nella mia classe i figli unici superavano di gran lunga i bambini con fratelli o sorelle. Ricordo che nessuno si stupiva della cosa: era del tutto normale. Praticamente tutte le nostre madri lavoravano, e molte di esse, proprio per questo, avevano deciso di limitarsi a un solo figlio. Se ne parlava con assoluta tranquillità. Scrivo tutto questo perché ho l'impressione che, da qualche tempo, stiamo assistendo a un'inversione di tendenza nell'immaginario collettivo: riprodursi ed esibire le proprie creaturine come status symbol è tornato di moda, anche tra i VIP, tanto che la scelta di non avere figli o di averne uno solo viene spesso stigmatizzata. Nei due lunghi anni in cui io e Gunther abbiamo cercato di avere un figlio (l'argomento meriterebbe un post a parte, che forse scriverò se e quando mi sentirò pronta), siamo stati subissati di osservazioni di ogni genere. In pochissimi erano al corrente della nostra difficile ricerca, e noi, di fronte alla fatidica, molesta domanda ("Non volete figli?"), cercavamo di sviare, depistare, se era il caso fulminare con lo sguardo. "Per ora stiamo bene così" era la nostra frase passepartout. Apriti cielo... I nostri interlocutori non potevano accettare cotanto ardire, e si sbizzarrivano in commenti eterogenei, da "i trentenni di oggi sono terribilmente egoisti" a "datevi una mossa, che la fertilità diminuisce drasticamente con gli anni" passando per "davvero non volete provare la gioia più grande della vita?".  Al di là delle fitte di dolore che mi provocavano queste risposte, non potevo sopportare il presupposto da cui partivano: l'idea che tutti _debbano_ volere dei figli perché la società, in qualche modo, lo impone. Pazzesco. Quando finalmente rimasi incinta, pensavamo di averla scampata, e invece... Più o meno al sesto mese di gravidanza, le stesse persone che mi avevano rivolto la simpatica domanda iniziarono a pormene un'altra, forse ancor più fastidiosa: "A quando il fratellino?". E noi, ingenuamente, a riproporre la stessa formuletta: "Per ora stiamo bene così". Elenco delle possibili reazioni: "Noooo... i figli unici crescono viziati, prepotenti e con disagi psicologici". "I figli unici si sentono soli e incolpano di questo i genitori". "Quando invecchi, è importante avere almeno due figli che possano accudirti". Arghhhh. Ora che Cricri ha superato i due anni, la domanda ricorre più o meno ogni giorno. Il fatto è che, sebbene da un punto di vista meramente "fisico" potremmo forse avere altri figli, è assai probabile che ciò non avverrà. Il mio Gunther lavora moltissimo, e fa spesso trasferte all'estero che mettono già così a dura prova l'equilibrio e la routine familiari. Io sono una moderna freelance (leggi "precaria") della cultura, che non ha diritto al congedo per maternità. Anche se lavoro prevalentemente da casa ho spesso scadenze urgenti da rispettare e non riesco davvero a immaginarmi con un altro figlio e un marito lontano circa dieci-quindici giorni al mese... Per questo siamo giunti alla sofferta decisione che, se qualcosa a breve non cambierà nel mestiere di Gunther, ci fermeremo a quota uno. In certi momenti mi sento serena, so che è la scelta più giusta per noi e per la piccola, mentre in altri mi accorgo, spaventata, che la forma mentis dei miei "inquisitori" si è impossessata di me e mi fa pensare che, forse, non sono "all'altezza". Che esistono mamme con mariti all'estero capaci di allevare tre o quattro pargoli (una su tutte, la mitica elastigirl, ma ci sono anche le mogli dei militari, tanto per fare un esempio...). Mamme che mi sembrano, banalmente, "più adeguate" di me. Più mamme. Qualche settimana fa ho incontrato, al consultorio, un'ostetrica che mi è stata di grande aiuto durante l'allattamento. Mi ha chiesto se avevo intenzione di avere altri figli, e le ho risposto in tutta sincerità. Lei, convinta in buona fede di aiutarmi, mi ha dato involontariamente una stilettata, dicendomi: "Mi sembra una decisione saggia. Perché complicarsi la vita? Esistono supermamme e mamme normali. Tu sei una mamma normale". Ecco, quel "normale" mi ha distrutta. Ci ho letto tutta la mia inadeguatezza, la mia incapacità. Ho subito immaginato mia figlia giocare da sola invocando un fratello o una sorella, accudire da sola due genitori ormai vecchi, incapaci di intendere e di volere... E via con le immagini strazianti, con la vocina interiore che mi sussurra "se solo tu facessi uno sforzo in più...". Poi la vocina tace, le visioni apocalittiche scompaiono, e ricomincio a guardare fuori dalla finestra, a gioire di questa primavera incipiente e a dirmi che forse, dopotutto, sono quella che Winnicott definirebbe "una madre sufficientemente buona",  e questo deve bastarmi.

4 commenti:

  1. Siamo forse gemelle?
    Innanzitutto l'ostetrica ha un po' peccato di insensibilità, a mio avviso.
    Io sono stata una felice figlia unica: centro del mondo d'amore dei miei genitori, che mi hanno avuta dopo molti anni di ricerca.
    La Purulla resterà figlia unica: perché vogliamo darle il più possibile, emotivamente e materialmente; perché mio marito ha avuto un pessimo rapporto consuo fratello, minore di quattro anni; perché la nostra famiglia ha un equilibrio che non vorremmo venisse meno.
    A chi già mi chiede parlo di problemi post partum che non mi permettono altre gravidanze, ed effettivamente con la tiroidite sarebbe complicato.
    Buona serata!

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    1. Eheh... separate alla nascita! ;-) Io ho un fratello che ha dieci anni più di me, quindi è come se da bambina fossi stata figlia unica, visto il salto generazionale... Né io né mio marito abbiamo rapporti idilliaci con i nostri fratelli, ma nella nostra scelta, devo dire, questo non ha pesato; sono i fattori di cui sopra ad averci convinto. Comunque mi hai dato uno spunto per le risposte: il mio parto è stato molto complesso, anche se una passeggiata rispetto al tuo (abbraccio!), e forse d'ora in poi potrei puntare su questo, in modo da spiazzare l'interlocutore, che, si spera, a quel punto tacerà cospargendosi il capo di cenere... Baci!

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  2. Càpito da qui da Elizabeth, attratta dal tuo nick. Elinor è, dopo Anne, il personaggio della Austen che trovo più vicino al mio essere o essere stata, quindi non potevo non cliccarci su. :)
    Sul tuo bel post, ho poco da aggiungere, se non che sono una madre ormai navigata, con un figlio di 18 anni e una figlia di 10, e dopo peripezie, abbandoni ed altro, sicuramente, ora, una madre sufficientemente buona, ma ancora in affanno. Continua così, ché sei migliore di quanto pensi.
    Un saluto, Linda

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  3. Ciao Linda, mille grazie per il tuo commento incoraggiante, sono molto contenta che tu sia passata di qui e presto andrò a dare un'occhiata al tuo blog! ;-)
    Devo confessarti che fino a qualche anno fa ero molto più simile a Marianne che a Elinor Dashwood, ma con il passare del tempo sono diventata (un poco) più saggia e prudente. Grazie al potere del grande schermo, poi, Elinor ai miei occhi avrà sempre il volto della magnifica Emma Thompson.
    Un abbraccio austeniano!

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