giovedì 26 gennaio 2012

Tramonti a nord-est

Ne sto ammirando uno magnifico, dalla finestra della "stanza polivalente" (= studio della sottoscritta + cameretta della creatura, in attesa di una casa più grande... seee, ma quando mai?), effimero come sempre in questa stagione ma non per questo meno evocativo. Vediamo... a chi potrei dedicarlo? In primis a te, simpatico/a amico/a che ieri ti sei appropriato/a dei miei occhiali da vista caduti davanti all'asilo, forse ingannato/a dalla custodia, che ti ha fatto pensare a un bel paio di occhiali da sole. Grazie, grazie di cuore, da parte mia, che sto _letteralmente_ brancolando nel buio, e soprattutto del mio ottico, che non sperava di rivedermi così presto.
Dopo la dedica farlocca e sdrammatizzante, ecco quella vera.  Per M, una donna forte, che sta aspettando con grande compostezza di essere sottoposta a un'operazione devastante, la cui sola prospettiva mi agghiaccia. Amica mia, so che non ami la retorica, che preferisci i fatti concreti alle parole vuote, ma lascia che ti auguri dieci, cento, mille, diecimila tramonti come questo. A prestissimo.

lunedì 23 gennaio 2012

Regali inaspettati

Ho trascorso 24 ore in una splendida città del nord-est per tenere un seminario, ma sono riuscita a unire l'utile al dilettevole e a incontrare colleghe di lavoro che conoscevo solo "virtualmente" grazie ai nostri scambi di e-mail. Il tempo trascorso con loro e con i miei allievi è stata una vera boccata di ossigeno, tanto che oggi mi sento energica, serena come non mi capitava da giorni. Quante persone piene di sensibilità, talento e idee, immuni dall'appiattimento umano e culturale che sembra travolgere il nostro paese... E che privilegio poter scambiare esperienze e conoscenze con loro.

lunedì 16 gennaio 2012

Domani

Vorrei che fosse già domani. Oggi è una giornata grigia, cupa, triste. Una carissima amica sta male, molto male; domani la sua situazione clinica dovrebbe diventare più chiara, molto probabilmente verrà operata, e io non riesco a smettere di pensarci.

Nel pomeriggio ho fatto l'errore di leggere su internet troppi articoli relativi al naufragio della Costa Concordia, di guardare troppe fotografie della nave fantasma ferita, spiaggiata... il pensiero di quella bimba di cinque anni, quasi certamente morta insieme al padre, mi tormenta. Che fine straziante e assurda, per loro e per le altre vittime.

In momenti come questi vorrei essere supportata da una fede incrollabile, e invece devo fare i conti con la mia visione agnostica e razionale dell'esistenza, con la mancanza di senso delle tragedie che colpiscono gli esseri umani dall'alba dei tempi, con il pensiero atroce che quei dispersi non siano andati incontro a un destino migliore, ma solo al freddo, al buio, al nulla.

Sì, lo ammetto: talvolta invidio chi si raccoglie in preghiera, per le sofferenze dei propri cari o di perfetti sconosciuti, e in questa preghiera trova energia, forza e speranza, per gli altri e per sé.

venerdì 13 gennaio 2012

Tapparella d'oro

Ho sempre avuto una fortuna sfacciata con i vicini. Da un punto di vista "narrativo", intendo: nelle quattro case in cui ho vissuto, la mia capacità di resistenza è stata messa a dura prova, ma ho accumulato esperienze e aneddoti impagabili.
Da più di cinque anni, un'arzilla coppia di circa-settantenni svolge per me la preziosa funzione di sveglia, impedendomi di poltrire oltremisura, ché la giornata deve iniziare presto per essere produttiva. Diciamo intorno alle 6, talvolta anche alle 5.30. Per comodità li chiameremo i Fulvi. Due sono le caratteristiche principali di questa coppia, oltre ai risvegli precoci: l'iperattività e la visione cupa dell'esistenza (la prima è una diretta conseguenza della seconda, credo). I Fulvi non sanno stare nemmeno un istante con le mani in mano. Appena svegli litigano violentemente, accendono la radio a tutto volume, si dedicano a lunghe sessioni di igiene personale e pulizie di casa. Il suono ripetuto del mocio contro il battiscopa, per esempio, accompagna spesso la fine delle mie nottate. Un altro rito immancabile, cui ormai sono quasi affezionata, è quello della tapparella. Più tardi viene giorno, prima i Fulvi alzano le loro tapparelle malandate e cigolanti. L'inverno, come potrete facilmente immaginare, è la stagione peggiore. In questo periodo nostra figlia si sveglia spesso intorno alle 6.30-6.45, vuole il lattuccio suo poi, quando va bene, si riaddormenta per un'altra oretta. Quando va bene. Quando non subentra la variabile tapparella. I Fulvi sentono che la nana è sveglia e mi chiama (isolamento acustico pari a zero, nel nostro palazzo), e prontamente tirano su anche la tapparella sotto la sua camera, vociando. Nell'esatto momento in cui la piccola ha finito di bere il latte, l'ho rimessa nel lettino ed è potenzialmente ben disposta a farsi un altro pisolo. Argh. Da qui la mia idea di insignire i nostri vicini dell'ambito premio "Tapparella d'oro", quando un giorno traslocheremo da qui. Ci dev'essere un piacere viscerale nel poter guardare fuori dalla finestra il paesaggio bassopadano ancora totalmente avvolto nel buio, piacere accresciuto, forse, dalla consapevolezza di aver svegliato mezzo condominio con questo gesto imperioso.  Solo i rammolliti, del resto, dormono più del dovuto. Un lontanissimo sabato io e il consorte, ancora senza prole, ci eravamo attardati a letto fino alle 10. Ricordo che quando tirammo su la tapparella (anch'essa piuttosto rumorosa, a onor del vero) e aprimmo la finestra della camera, la prode signora F, che stava sbattendo il tappeto in terrazza, ci gridò "Complimenti, bella la vita!" con malcelato astio. No, per i Fulvi la vita non è bella, lo dichiarano apertamente e di continuo a tutti. I figli sono bocche da sfamare, i nipoti un peso insostenibile (c'è da dire che in questi anni ne hanno avuto in consegna ben tre, uno più molesto dell'altro, da mattina a sera). Fino alla pensione l'esistenza è vagamente sopportabile perché il lavoro la riempie, ma dopo "inizia lo schifo", per citare il signor F. Le giornate scorrono identiche, segnate da fatica, noia e malattie, il tutto in attesa della fine ultima. Della gente non ci si può fidare, men che meno dei condomini. Unici antidoti a questo mare magnum di dolore: la cura compulsiva della casa e dell'automobile. Il signor F. la lava con infinita dedizione ogni due giorni. Non scherzo. Sembra quasi accarezzarla centimetro per centimetro con le sue pelli di daino. L'Alfa non lo tradirà mai, lui lo sa. Intanto la signora F., sospirando, alterna l'accudimento dei nipoti al lavaggio delle tende e alla preparazione della pasta fresca. La parte più difficile è fare arrivare sera. Alle 9 il signor F. va a nanna, mentre la signora a volte si concede di restare sveglia un po' di più, soprattutto se c'è Ballando con le stelle ("che son tanto bravi, cocca, li hai visti? Però quel ballerino lì ci ha avuto un brutto male, sai, l'ho letto su Confidenze..."). A inizio estate, grandi emozioni: nel nostro paesello per due settimane c'è la Festa dell'Unità, evento mondano per il quale i Fulvi si mettono il vestito della domenica e si scatenano fino a mezzanotte mangiando castrato e ballando il liscio accompagnati da imperdibili orchestre live, i cui cantanti solisti sono quasi sempre Nives e Athos, oppure Samanta e Wilmer. Dopo la "Fescta", come la chiamano loro, si ripiomba nel buio; è ancora giugno, ma è come se fosse già iniziato l'inverno. La cosa più inquietante è che a volte, nella signora F., vedo me tra quarant'anni. Non è corretto, in fondo, che io mi burli di lei. Se già adesso tendo all'autocommiserazione e al pessimismo cosmico, come sarò da ultrasettantenne? Triste, lagnosa, annoiata. E non potrò neppure farmi perdonare producendo a getto continuo tagliatelle e tortelloni: non sono capace e temo non imparerò mai. Sniff.

martedì 10 gennaio 2012

Di fili neri e blog liberatori

"Per molto tempo non sapevo cosa fare da grande. Finché un giorno non ho incontrato un mago. Era un indiano, proprio vestito da mago indiano: seduto seminudo sul tappeto con davanti delle ciotoline di incensi profumati. Lui mi ha fissato da indiano ispirato e poi mi ha detto: 'Se sei venuta fino a qui è perché da qualche parte hai un male. Da che parte?'.
Ci ho pensato ed era vero: qualche male ogni tanto ce l'avevo: un po' la gola, il collo, un prurito ad un orecchio, i crampi ad un polpaccio, un taglio su un dito... e, a ben vedere, era tutto dalla parte destra. 'E' il filo nero della scrittura che ti si è attorcigliato dentro' ha detto lui. 'E' tutto ingarbugliato e ti fa male. Devi tirarlo fuori e dipanarlo, poi starai proprio bene'.
Forse era un ciarlatano, però... ho provato a dipanare il filo nero della scrittura e devo dire che quando me lo tiro fuori mi sento proprio bene."
(Letizia Cella, prefazione a Mamma Cannibale, Nord-Sud Edizioni, 2009)

Circa un anno fa ho aperto un blog su Splinder, ma ho smesso di aggiornarlo dopo poche settimane, per mancanza di tempo, di ispirazione, di energia. Per inaugurare il primo post avevo scelto di ricopiare il testo che fa da prefazione a un delizioso volumetto di filastrocche di Letizia Cella. Approfittando della chiusura di Splinder ho deciso di ritentare l'esperimento e cancellato tutti i post che avevo scritto, salvando però la citazione iniziale, nella quale mi rispecchio tuttora.
Cerco continuamente di "dipanare il filo" perché ho bisogno di leggerezza, la leggerezza che si prova, forse, solo imparando a sciogliere qualche groviglio e a ridere di sé.

Buona lettura a chi passerà di qui.