venerdì 13 gennaio 2012

Tapparella d'oro

Ho sempre avuto una fortuna sfacciata con i vicini. Da un punto di vista "narrativo", intendo: nelle quattro case in cui ho vissuto, la mia capacità di resistenza è stata messa a dura prova, ma ho accumulato esperienze e aneddoti impagabili.
Da più di cinque anni, un'arzilla coppia di circa-settantenni svolge per me la preziosa funzione di sveglia, impedendomi di poltrire oltremisura, ché la giornata deve iniziare presto per essere produttiva. Diciamo intorno alle 6, talvolta anche alle 5.30. Per comodità li chiameremo i Fulvi. Due sono le caratteristiche principali di questa coppia, oltre ai risvegli precoci: l'iperattività e la visione cupa dell'esistenza (la prima è una diretta conseguenza della seconda, credo). I Fulvi non sanno stare nemmeno un istante con le mani in mano. Appena svegli litigano violentemente, accendono la radio a tutto volume, si dedicano a lunghe sessioni di igiene personale e pulizie di casa. Il suono ripetuto del mocio contro il battiscopa, per esempio, accompagna spesso la fine delle mie nottate. Un altro rito immancabile, cui ormai sono quasi affezionata, è quello della tapparella. Più tardi viene giorno, prima i Fulvi alzano le loro tapparelle malandate e cigolanti. L'inverno, come potrete facilmente immaginare, è la stagione peggiore. In questo periodo nostra figlia si sveglia spesso intorno alle 6.30-6.45, vuole il lattuccio suo poi, quando va bene, si riaddormenta per un'altra oretta. Quando va bene. Quando non subentra la variabile tapparella. I Fulvi sentono che la nana è sveglia e mi chiama (isolamento acustico pari a zero, nel nostro palazzo), e prontamente tirano su anche la tapparella sotto la sua camera, vociando. Nell'esatto momento in cui la piccola ha finito di bere il latte, l'ho rimessa nel lettino ed è potenzialmente ben disposta a farsi un altro pisolo. Argh. Da qui la mia idea di insignire i nostri vicini dell'ambito premio "Tapparella d'oro", quando un giorno traslocheremo da qui. Ci dev'essere un piacere viscerale nel poter guardare fuori dalla finestra il paesaggio bassopadano ancora totalmente avvolto nel buio, piacere accresciuto, forse, dalla consapevolezza di aver svegliato mezzo condominio con questo gesto imperioso.  Solo i rammolliti, del resto, dormono più del dovuto. Un lontanissimo sabato io e il consorte, ancora senza prole, ci eravamo attardati a letto fino alle 10. Ricordo che quando tirammo su la tapparella (anch'essa piuttosto rumorosa, a onor del vero) e aprimmo la finestra della camera, la prode signora F, che stava sbattendo il tappeto in terrazza, ci gridò "Complimenti, bella la vita!" con malcelato astio. No, per i Fulvi la vita non è bella, lo dichiarano apertamente e di continuo a tutti. I figli sono bocche da sfamare, i nipoti un peso insostenibile (c'è da dire che in questi anni ne hanno avuto in consegna ben tre, uno più molesto dell'altro, da mattina a sera). Fino alla pensione l'esistenza è vagamente sopportabile perché il lavoro la riempie, ma dopo "inizia lo schifo", per citare il signor F. Le giornate scorrono identiche, segnate da fatica, noia e malattie, il tutto in attesa della fine ultima. Della gente non ci si può fidare, men che meno dei condomini. Unici antidoti a questo mare magnum di dolore: la cura compulsiva della casa e dell'automobile. Il signor F. la lava con infinita dedizione ogni due giorni. Non scherzo. Sembra quasi accarezzarla centimetro per centimetro con le sue pelli di daino. L'Alfa non lo tradirà mai, lui lo sa. Intanto la signora F., sospirando, alterna l'accudimento dei nipoti al lavaggio delle tende e alla preparazione della pasta fresca. La parte più difficile è fare arrivare sera. Alle 9 il signor F. va a nanna, mentre la signora a volte si concede di restare sveglia un po' di più, soprattutto se c'è Ballando con le stelle ("che son tanto bravi, cocca, li hai visti? Però quel ballerino lì ci ha avuto un brutto male, sai, l'ho letto su Confidenze..."). A inizio estate, grandi emozioni: nel nostro paesello per due settimane c'è la Festa dell'Unità, evento mondano per il quale i Fulvi si mettono il vestito della domenica e si scatenano fino a mezzanotte mangiando castrato e ballando il liscio accompagnati da imperdibili orchestre live, i cui cantanti solisti sono quasi sempre Nives e Athos, oppure Samanta e Wilmer. Dopo la "Fescta", come la chiamano loro, si ripiomba nel buio; è ancora giugno, ma è come se fosse già iniziato l'inverno. La cosa più inquietante è che a volte, nella signora F., vedo me tra quarant'anni. Non è corretto, in fondo, che io mi burli di lei. Se già adesso tendo all'autocommiserazione e al pessimismo cosmico, come sarò da ultrasettantenne? Triste, lagnosa, annoiata. E non potrò neppure farmi perdonare producendo a getto continuo tagliatelle e tortelloni: non sono capace e temo non imparerò mai. Sniff.

2 commenti:

  1. L'erba cattiva non muore mai, mi viene da dire.
    Il mio vicino (Anacleto Mitraglia) è altrettanto molesto e rumoroso, e oltretutto di una decina d'anni più giovane. Però ha messo in vendita il suo appartamento. Noi e le altre due famiglie abbiamo già comprato lo champagne in attesa della lieta (e non cruenta) dipartita.

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    1. Ahahah, bel soprannome Anacleto Mitraglia, di disneyana memoria! I Fulvi putroppo non hanno alcuna intenzione di sloggiare, vivono qui da quarant'anni passati. Ce ne andremo di sicuro prima noi, finanze permettendo...

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